Per un musicista la pubblicazione di un disco è un momento magico. È un momento che fotografa la musica fatta, e la mette a disposizione di tutti per il futuro. Angelo Comincini, musicista e insegnante di chitarra, ha impiegato 31 anni a decidersi a incidere il suo primo disco: Misteri Architettonici.

Angelo, perché così tanta attesa?

«Suono la chitarra da quando ho 14 anni, nel tempo mi sono appassionato a tanti generi, ho composto talmente tanti brani che avrei materiale pronto per altri tre o quattro album. Non mi decidevo a fare una selezione, a capire quale fosse la musica da incidere, quella che mi rappresenta di più».

Ora lo hai capito?

«Credo che il mio disco possa definirsi fusion, per quello che possono valere le categorie»

La fusion è un genere che unisce tante ispirazioni diverse: jazz e rock, virtuosismo strumentale e ricerca sonora.

«È la sintesi del mio percorso musicale, almeno fin qui»

Angelo Comincini

In questo sito lo chiediamo a tutti: qual è la tua via della chitarra?

«Come molti, ho iniziato a suonare per curiosità. Mio papà ascoltava tanta musica, soprattutto rock e pop internazionale: Dire Straits, Phil Collins, Nik Kershaw, Jean-Michel Jarre, i Marillion... Io ascoltavo Madonna, Michael Jackson, Terence Trent D’Arby, Sting e i Police. E anche parecchio heavy metal. Quando, a casa di un amico che aveva la chitarra, ho scoperto che potevo suonare quello che ascoltavo, i riff, gli accordi, è stata una folgorazione. E mi sono messo da autodidatta a imparare».

Erano gli anni Novanta, internet non dava ancora accesso all’infinità di tutorial e materiale che abbiamo ora. Come studiavi?

«Come tutti in quei tempi: “tirando giù” a orecchio quello che sentivo, un esercizio utilissimo. E poi spendendo cifre assurde per comprare corsi in videocassetta».

Una via personale, lontana dalle strade canoniche.

«Ho anche provato a iscrivermi a scuole di musica celebri, ma non insegnavano quello che cercavo. Mi sono diplomato in Jazz al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano per avere un titolo ufficiale, ma il 95 per cento della mia musica è frutto delle ore passate in cameretta a trascrivere e provare a suonare quello che ascoltavo».

Quali sono i musicisti che più ti hanno ispirato nella tua formazione?

«Sono sempre stato attratto dai sintetizzatori, suoni lunghi con un sostegno che va oltre il naturale timbro della chitarra. Ho ascoltato tanti autori di colonne sonore, come i Goblin (famosi per le colonne sonore dei film di Dario Argento) o John Carpenter (regista e musicista). E poi devo citare Umberto Fiorentino, cui ho dedicato anche il brano Appuntamento in una villa a Roma. Sono molto legato a Umberto, perché quando ho iniziato a studiare jazz, ho comprato i suoi video corsi. Poi siamo diventati amici, ed è stato lui a convincermi a incidere la mia musica»

E tra i chitarristi internazionali?

«Devo tanto alla musica di Pat Metheny, che ha lavorato molto sulla ricerca di suoni e la composizione melodica, e Allan Holdsworth, grande innovatore che ha anche usato il SynthAxe».

Angelo Comincini con il SynthAxe

Strumento estinto.

«Era uno strumento rivoluzionario introdotto nel 1986, l’ho usato anche io per un po’, ma aveva delle problematicità. Non era una vera chitarra, ma un controller midi ed era troppo impegnativo da gestire, spesso dava dei problemi».

Nel tuo disco si sente una grande attenzione per il suono e la ricerca compositiva.

«Chitarristicamente avrei potuto fare di più, ma non è quello che mi interessa. La chitarra è uno strumento che mi permette di comporre, è il mio primo strumento, ma lo scopo è esprimere in musica le emozioni. Nel disco ho inserito anche due brani che suono solo con la tastiera».

Niente virtuosismi?

«Non mi interessano. Spesso i chitarristi si concentrano sulla tecnica, sfoggiano abilità muscolari, ma senza una narrazione sonora, senza contenuti musicali che possano arrivare al cuore degli ascoltatori».

Veniamo al titolo del disco: Misteri Architettonici. Cosa significa?

«Ha a che fare con ET, l’extra terreste del film di Spielberg. Sono sempre stato attratto dalle architetture. Quando vedo una casa, o qualunque altra costruzione, mi chiedo cosa contenga. Immagino come vivano le persone che abitano un appartamento che non conosco, come sia la parte di edificio che non vediamo, la sua struttura interna. È una parte che ci è preclusa, e deve restare misteriosa per conservare il suo fascino».

ET cosa c’entra?

«Ci arrivo. Quando ero piccolo, volevo diventare Carlo Rambaldi, il grande inventore di effetti speciali, tra i quali proprio ET. Allora aprivo tutti i miei giocattoli per vedere cosa c’era dentro, qual era il meccanismo nascosto. Ora con la musica cerco di esprimere quel mistero, la parte nascosta delle architetture, delle costruzioni. Ma non è importante conoscerle davvero, l’importante sono le emozioni che si provano. Nel disco ci sono quadri sonori sollecitati da misteri, come se fosse un libro e ogni brano un capitolo».

 

Misteri Architettonici è disponibile su tutte le piattaforme digitale, sulla pagina Bandcamp di Angelo Comincini.