Arché, intero fronte

Arché, intero retro

Nel mestiere del liutaio, c’è un momento preciso in cui la materia dà vita all’arte. «È indescrivibile il senso di attesa, la tensione e la felicità che si provano quando si montano le corde, e per la prima volta senti suonare la chitarra che stai costruendo. Non ci sono parole per raccontarlo». La voce di Mauro Corvaglia, liutaio che firma le sue opere con il marchio MCLiuter, si carica di emozione quando racconta quell’istante in cui il legno diventa strumento, e le vibrazioni diventano suono.

Mauro è il papà di Arché, la nuova chitarra di Manuel Consigli (che, per chi non lo sapesse, è il maestro e il master di questo sito). Chiunque abbia incontrato anche solo in videochiamata il maestro Consigli nell’ultimo mese, sa di cosa stiamo parlando: perché Manuel è felice come può essere solo un chitarrista con il suo nuovo strumento, e lo presenta a chiunque possa capirlo, apprezzarlo e magari anche inserirlo nella lista dei desideri.

Quasi tutti i chitarristi sono feticisti della chitarra, e conoscono le tre fasi di approccio a uno strumento: curiosità di conoscerne i dettagli; sana invidia per chi già possiede quella chitarra; bruciante necessità di averla. Vallo poi a spiegare agli altri, ai non chitarristi, perché è INDISPENSABILE avere così tante chitarre in casa… Così, eccoci con Mauro Corvaglia a farci raccontare tutto di Arché, per soddisfare le prime due fasi: curiosità e sana invidia. Per la terza, questo è il sito di Mauro: www.mcliuter.com

Mauro Corvaglia (McLiuter) nel suo laboratorio

Mauro, che chitarra è Arché?

«Nella struttura è una archtop da 17” (ma la produco anche con cassa da 16” e da 15”), tutta in massello, con la tavola armonica in abete della Val di Fiemme e fondo e fasce in acero fiammato europeo, manico in cinque strati di acero fiammato e wengé. Sono materiali di primissima qualità, tutti tagli di quarto, che è quello che fornisce le tavole più pregiate e stabili, invecchiati per almeno dieci anni».

Arché, dettaglio tastiera e pick up

I legni sono la materia, ma una chitarra ha anche un’anima. Qual è quella di Arché?

«Ogni chitarra che costruisco, per me è un contenitore dove trasferisco parte della mia anima. Nell’Arché ho messo la parte più matura e consapevole. Per me questo strumento è una svolta, la prima chitarra completamente disegnata da me, originale. Prima avevo costruito molte chitarre, ma sempre seguendo il disegno di grandi classici, personalizzandoli e adattandoli alle esigenze dei miei clienti e al mio gusto. La archtop Toxilla, per esempio, ripropone il disegno della Gibson L5, nello specifico quella di Pat Metheny. Ho anche costruito tante solid body su base Telecaster o Les Paul…».

Da quanto tempo fai il liutaio?

«Costruisco chitarre da vent’anni. La prima l’ho fatta quasi per caso».

Racconta.

«Mio papà ha sempre lavorato il legno, come hobby lavorava blocchi di fiammiferi, con una tecnica tutta sua. Quando eravamo piccoli, ha costruito due strumenti in miniatura, una chitarra per me e un basso per mio fratello. Non suonavano, erano giocattoli in scala. Io gli ho chiesto di farmi una chitarra vera, ma lui non voleva. Era spaventato dalle difficoltà. Tempo dopo, per convincerlo, ho comprato io il blocco di legno per fare il body. Ma, tornando a casa, mi è venuta voglia di provare a costruire la chitarra da me. E così è nata la mia prima chitarra, una solid body in stile Telecaster. Non avevo esperienza, né strumenti: ci ho messo una vita, passando ore e ore a informarmi, guardando tutorial su youtube, cercando informazioni. Mi sono scontrato con mille problemi, ho fatto errori, ho imparato dai miei sbagli, ma alla fine l’ho costruita».

Ma non è diventato subito il tuo mestiere…

«No, per tanto tempo è rimasto un secondo lavoro. Ogni guadagno è stato via via investito in attrezzatura».

Arché, dettaglio potenziometri e “f”

Quando hai deciso di fare il salto, e vivere di liuteria?

«Cinque anni fa. È stata dura all’inizio, più di una volta ho pensato di mollare, ma non ho smesso. Costruisco pochi strumenti all’anno, ma sono tutti fatti come dico io. Senza compromessi, con una cura maniacale dei dettagli».

Che lavoro facevi per mantenerti, prima?

«Tante cose. Ho fatto consegne, sono stato cameriere, ho lavorato in una copisteria di Bologna…».

Niente a che fare con la musica e la liuteria, insomma.

«Non direttamente, ma con quei mestieri ho imparato a entrare in contatto con le persone, a capirle, ad ascoltarle».

E questo serve a un liutaio?

«Sì, così posso capire cosa cercano i musicisti che vengono nel mio lavoratorio, per ordinarmi una nuova chitarra, per una riparazione o una miglioria al loro strumento, so ascoltarli. In più sono chitarrista anche io, conosco le fissazioni che abbiamo noi amanti della chitarra, capisco i desideri, so cosa ci si aspetta da uno strumento».

Arché, anche il disegno delle “f” segue la sezione aurea

Dove prendi ispirazione per le tue chitarre?

«Dai grandi liutai. Bob Benedetto (qui il suo sito) per le archtop è un punto di riferimento: mi piace il suo approccio, la sicurezza che mostra quando lavora, la consapevolezza che ha del legno… Poi mi piacciono molto anche i lavori della D’Angelico (qui il sito), il liutaio giapponese Tsuji Shiro (qui il suo sito), e la ricerca del neozelandese Maxwell (qui il suo sito). Ma l’ispirazione arriva da ogni esperienza, e quando arriva, e inizio a lavorare a una chitarra, è come se lo strumento si costruisse da sé, tramite le mie mani».

Torniamo all’Arché, nata collaborando con Manuel.

«Ogni dettaglio è stato pensato e discusso con lui, niente è stato lasciato al caso. Ci è voluto oltre un anno di lavoro, un tempo lunghissimo per costruire una chitarra, ma volevo che tutto fosse perfetto».

Qual è stato il punto di partenza, l’ispirazione?

«Manuel è un uomo e un musicista con una forte componente spirituale, lega il suo essere e la sua arte alla meditazione, alla consapevolezza e alla continua ricerca del proprio equilibrio. Il suo metodo, Guitar Mindfulness (approfondisci qui), unisce l’espressione e lo studio della musica alla consapevolezza dell’essere come persone. È un approccio in cui mi ritrovo, è simile al mio».

Arché, inscritta nella sezione aurea

E questo come si traduce in legno e corde?

«Sono partito dalla sezione aurea (Per gli interessati, wikipedia è un punto di partenza per approfondire). È una proporzione tra lunghezze si ritrova in tantissime forme naturali e in altrettante opere d’arte, e che istintivamente l’uomo riconosce come bella e armoniosa. Così ho deciso di disegnare una chitarra che avesse in sé quella porporzione “magica”, che avesse nel suo disegno un’intrinseco richiamo all’armonia universale».

Quali sono state invece le richieste di Manuel?

«Voleva una chitarra che avesse un gran suono acustico, una grande suonabilità anche in finger picking, il pick up che conservasse il timbro naturale dello strumento».

Arché, il binding del fondo e il tacco del manico

Come le hai soddisfatte?

«Per garantire un gran suono acustico ho lavorato molto sulla selezione del legno e la lavorazione dei materiali. Costruire una chitarra può non essere difficilissimo per chiunque abbia dimestichezza con il lavoro manuale e con il legno, la parte complicata è farla che suoni bene. È lì che si vede la bravura di un liutaio».

Come si fa a far suonare bene una tavola di abete?

«Con l’esperienza. Man mano che si scolpisce la tavola armonica, si prova la sua risposta colpendola con le dita: la si tiene sollevata e si fa “tap” con le dita per farla vibrare. L’esperienza ti insegna dove assottigliarla di più e dove lasciarla più spessa per migliorare la sua vibrazione».

E come hai soddisfatto la richiesta di rendere la chitarra comoda per il finger picking?

«Per rendere più comodo il manico in finger picking, stile che Manuel usa molto per gli arrangiamenti in guitar solo, ho optato per una tastiera un po’ più larga anche al capotasto, così che le corde non rimanessero troppo vicine».

Arché, paletta con il logo di MCLiuter e il fiore di loto intarsiato

C’è qualche dettaglio su cui avete discusso di più?

«Piccolezze, per lo più estetiche: sulla posizione del fiore di loto che ho intarsiato sulla paletta, le dimensioni delle “f”… Oppure sui segnatasti: Manuel me li chiedeva sulla tastiera, perché avrebbero reso più semplice la comprensione delle posizioni nella didattica, io preferivo non metterli per lasciare più pulito il disegno dello strumento. Ho vinto io».

Come avete scelto il pick up?

«È un Humbucker Benedetto B6, che conserva il timbro acustico della chitarra anche da amplificata. Manuel ha voluto un pick up incassato, ma si può anche montarne uno flottante: ogni chitarra è personalizzabile».

Sei soddisfatto del tuo lavoro? Spesso i perfezionisti, e tu sembri tra questi, non lo sono mai.

«In passato vedevo le chitarre appena finite come vecchie, superate. Ma ora inizio ad apprezzare veramente quello che faccio. Anche per questo la Arché è per me un punto di svolta e di crescita: è stata pensata e costruita senza porre limiti di tempo o di materiali, tutto è stato scelto per ottenere il meglio, e il risultato mi soddisfa».

Qui il sito di MCLiuter di Mauro Corvaglia: www.mcliuter.com

E qui potete vedere Mauro che costruisce l’Arché, mentre Manuel la suona!