Joe Pass, si è scelto un nome semplice, musicale, facile da ricordare. Due sole sillabe che suonano come un fill di batteria: un colpo secco sul tom, Joe; e uno sui piatti che resta nell’aria, Pass. Ma lui non era un batterista, era un chitarrista americano di origini italiane con un nome di battesimo troppo difficile da pronunciare per gli americani.
Nato come Joseph Antony Passalaqua il 13 gennaio 1929 in una famiglia di operai che non sapevano suonare, morirà il 23 maggio 1994 come Joe Pass il Virtuoso della chitarra jazz.

Parlare di musica e ballare di architettura

Se è vero, come sostiene Frank Zappa, che “parlar di musica è come ballare di architettura”, per conoscere la musica e la vita di Joe Pass conviene ascoltarlo in quello che è il suo disco simbolo: Virtuoso.

Pubblicato nel 1974 dal famoso produttore Norman Granz segna la svolta tra un prima e un dopo nella carriera del chitarrista. Prima ci sono gli anni della formazione, dello studio, delle esibizioni e delle registrazioni di qualità, ma misconosciute, prima c’è anche la droga, il carcere, il rehab; dopo c’è il successo e il riconoscimento a livello mondiale, le collaborazioni con i più grandi, l’instancabile lavoro di divulgazione e insegnamento, che sia lodato per tutto i materiale che ha lasciato.

Virtuoso

Siccome non siamo tutti Frank Zappa, di musica ci piace anche parlarne (ammettiamolo senza vergogna), a partire proprio da Virtuoso, il disco che riassume meglio l’idea musicale di Joe Pass.
Solo lui e la sua chitarra, niente accompagnamento, niente sovraincisioni, nella maggior parte dei brani non usa neanche l’amplificatore, ma registra la sua Gibson Es 175 con un microfono posto davanti alla cassa.

Le idee di Pass sono lì, in vista: melodia sempre chiara e in primo piano, accompagnamento armonizzato per arricchire e tenere viva la tensione, walkin’ bass per dare swing e tiro, frasi di collegamento che davvero collegano e non sono mai solo fronzoli barocchi tra le note, sostituzioni armoniche (poche, non le amava), tutto eseguito con una semplicità che fa invidia, ma si coglie. Difficile suonare come lui, ovviamente, ma quello che fa è chiaro, mai nascosto.

“Riempi gli spazi”

Il primo maestro di Joe Pass, quello che gli ha dato l’impronta e l’avvio, è un uomo che non sa suonare: suo padre Mariano Passalaqua. Operaio in un’acciaieria del New Jersey, Passalaqua senior coglie nel figlio il talento e lo alimenta: «Mio padre vide segni che sarei stato in grado di suonare», disse Joe in un’intervista a Down Beat. A nove anni gli compra la prima chitarra, poi lo spinge a prendere lezioni, a impegnarsi nello studio, e gli organizza piccole esibizioni domestiche.

Pass impara le melodie di canzoni italiane ascoltate alla radio e le riproduce davanti agli amici di famiglia riuniti per giocare a carte e bere qualcosa nel tempo libero. «Riempi gli spazi tra le note», pare gli dicesse il padre. E Joe improvvisa, aggiunge frasi, accordi, arricchisce la melodia… Lo stessa cosa avrebbe fatto anni dopo quando il produttore Norman Granz lo spinge a incidere Virtuoso.

Prima e dopo

Come tutti i grandi artisti, la svolta arriva anche per Pass grazie a qualcuno che riconosce il talento e ha i mezzi per renderlo noto. Il talento di Pass ha rischiato di rimanere sconosciuto in almeno due occasioni. La prima a causa della droga. «Nel 1944 ero a New York, andavo in giro, avevo qualche piccolo ingaggio. Poi mi sono fatto prendere dalla droga». Aveva 15 anni e per i successivi 15 anni la droga sarebbe stata il centro della sua vita, costandogli anche un arresto e 5 anni di galera. Nel 1961 entra nel discusso centro di riabilitazione Synanon. «Quando sono entrato, avevo 13 centesimi in tasca e neanche una chitarra. Quello che ho adesso lo devo a quello che Synanon ha fatto per me», taglia corto Pass in una dichiarazione rilasciata anni dopo la riabilitazione, quando è già diventato il Virtuoso della chitarra jazz.

Ripulito dalle droghe, conosce Granz, che lo utilizza come strumentista nei dischi prodotti dalla sua etichetta la Pablo Records. Pass suonare con tutti i più grandi jazzisti dell’epoca, Dizzy Gillespie, Duke Ellington, Oscar Peterson, Count Basie, Milt Jackson…
Poi Granz lo lancia come leader producendo due dischi fondamentali Virtuoso, appunto, e Take Love Easy, in duo con Ella Fitzgerald.

Mai una prova

«Non l’avevo mai incontrata prima del giorno della registrazione. Non avevo idea di cosa volesse provare, o in che chiavi cantasse. Lei arriva e attacca con un brano. “In che chiave?” le chiedo. “Be’…” e canticchia qualcosa. Trovo la chiave e registriamo l’intero album. Senza prove, semplicemente scivolando tra i brani. In tutti i duetti che abbiamo fatto, quattro album in tutto, mai una prova». Racconta Pass a proposito della collaborazione con Ella, il lavoro che lo porta in cima al mondo.

Suona il piano con i pollici sotto la tastiera

Joe Pass, Ella Fitzgerald e il pianista Oscar Peterson fanno un tour mondiale insieme, sono tre giganti che dialogano alla pari, ciascuno con il suo strumento. E si sfidano come solo i musicisti sanno fare.
«Se tu dici, questa la suono veloce, Oscar [Peterson] comunque ti sorpassa e la fa più veloce di te. Una volta gli ho detto: “Oscar, dovresti suonare con i tuoi pollici sotto il piano, così capiresti i problemi che ha un chitarrista”».

Una battuta, ovvio, ma che rivela un altro tratto della musica di Joe Pass: i suoi punti di riferimento non sono i chitarristi. «Non ho mai copiato niente di quel che ha fatto Charlie Christian. Non sono capace di suonare neanche uno dei suoi assolo. Non so come fanno… Non ho mai copiato neanche Django», ha detto. «Volevo suonare come un musicista di fiati. Ho evitato tutti i cliché dei chitarristi». Fin da quando, ragazzino, andava nel negozio di strumenti musicali vicino a casa per ascoltare i dischi che comprava il proprietario (i Passalaqua non avevano un giradischi) ed è rimasto letteralmente folgorato da Charlie Parker.

I consigli di Joe

Joe Pass è stato anche un grandissimo maestro. Ha sempre parlato volentieri della sua tecnica, lasciando molti video. Uno in particolare è celebre: An Evening with Joe Pass, del 1994, nel quale spiega qual è il suo approccio alla chitarra solista (Si può vedere qui).

I consigli che dà si possono riassumere così:

Suona la melodia nel registro più acuto
Non serve un accordo per ogni nota
Non serve eccedere nelle riarmonizzazioni
Aggiungi alterazioni o colori agli accordi, piuttosto che sostituire gli accordi
Fai sentire i movimenti della melodia tra gli accordi
Serve che ci sia movimento tra gli accordi
Non suonare fills che non vanno da nessuna parte
Non serve suonare bassi, accordi contemporaneamente, puoi alternarli a tuo piacimento..
Usa diteggiature semplici per te, non complicare inutilmente.

In un’altra intervista, Pass dà altri due consigli preziosi:

“Non puoi pensare e suonare allo stesso tempo. Se pensi a quello che stai suonando, quel che suoni diventa pomposo, artificiale. Penso che devi solo concentrarti sulla musica, e lasciare che la musica esca da sola. La musica è come il linguaggio. Hai una collezione di idee musicali e pensieri che hai accumulato durante la tua storia musicale, più tutta la musica del mondo, è tutto nel tuo inconscio, e devi pescare da lì».

E per finire, qui trovate un video di Manuel Consigli che entra del dettaglio di un Blues di Joe Pass.