Il gigante gentile del bop
Tal Farlow non sembrava un chitarrista jazz. Era alto quasi due metri, con mani grandi come pale e dita che sembravano nate per afferrare corde d’acciaio più che per farle cantare. Eppure, quando iniziava a suonare, era come se il suo strumento diventasse improvvisamente leggero. Ogni frase, ogni passaggio, scivolava con naturalezza vertiginosa, come se la complessità fosse il suo stato di quiete.
In un’epoca in cui la chitarra jazz cercava ancora una voce nel linguaggio veloce e imprevedibile del bebop, Tal Farlow arrivò come una rivelazione. Non solo riusciva a tenere testa ai sassofoni e ai pianisti, ma lo faceva con una personalità timida, riservata, quasi restia alla celebrità. La sua era una musica che parlava per lui, più delle parole.
Le origini e l’incontro con il jazz
Nato nel 1921 a Greensboro, North Carolina, Farlow si avvicinò alla musica da autodidatta. Era grafico pubblicitario di professione e suonava per passione. I primi strumenti li costruì da solo. Fu l’ascolto – spesso alla radio – delle registrazioni di Charlie Christian a far scattare la scintilla. Ma invece di copiarne il fraseggio, Tal ne assimilò lo spirito: l’audacia, la fluidità, la modernità.
Negli anni Quaranta cominciò a farsi notare nei locali di New York. Suonò con Marjorie Hyams, Red Norvo, Oscar Pettiford, Charles Mingus, Artie Shaw e Gil Mellé. E infine, la consacrazione con i suoi dischi per la Verve, che lo proiettarono tra i grandi del jazz degli anni Cinquanta.
Il suono, lo stile, le mani
Il suo suono era tagliente e trasparente, ma mai duro. Tal suonava spesso in posizioni alte del manico, con salti ampi e improvvisi. La sua tecnica non era spettacolare per esibizionismo, ma per esigenza musicale. Ogni nota sembrava nascere da un equilibrio fra riflessione e istinto.
Strumenti e filosofia del tocco
Farlow suonava una Gibson ES-350 prima di passare alla Gibson Tal Farlow, un modello creato su misura per lui. Usava corde flatwound e amplificatori dal suono caldo, mantenendo un suono chiaro, articolato, con poco sustain e grande presenza. Il suo tocco era deciso, ma non aggressivo. Equilibrio era la sua filosofia.
L’uomo che tornò a casa
Alla fine degli anni Cinquanta, Farlow si ritirò dalle scene più attive per vivere una vita più tranquilla a Red Bank, New Jersey. Continuò però a suonare occasionalmente. Solo negli anni Settanta e Ottanta tornò a registrare e a esibirsi più spesso. Era rimasto lo stesso: il gigante gentile della chitarra jazz.
Video consigliati
1. Tal Farlow – Autumn in New York (Live 1958)
2. Tal Farlow Trio – Cherokee (1954)
3. Tal Farlow – There Will Never Be Another You (1981)
Discografia essenziale
- Tal Farlow Quartet (1954, Norgran/Verve)
- The Swinging Guitar of Tal Farlow (1956, Verve)
- Tal (1956, Verve)
- The Return of Tal Farlow (1969, Prestige)
- Cookin’ on all Burners (1983, Concord)
Risorse online
A cura di Eva e Manuel Consigli per La Via della Chitarra Jazz
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