«Ed Bickert non parlava molto, non amava sprecare parole», così il sassofonista Paul Desmond, che con lui ha suonato in diversi dischi e concerti, ha descritto il leader che non amava i riflettori. Non parlava molto, però quando metteva le mani sulla chitarra quello che aveva da dire si sentiva tutto. C’è chi giura che si sentisse anche più di quanto suonasse: «Mi sono ritrovato diverse volte a voltarmi per contare le corde della chitarra di Ed… Sono abbastanza certo che fossero meno di 88 (riferendosi ai tasti del pianoforte)», ha raccontato lo stesso Desmond con la sua tipica ironia.

Bickert aveva la capacità suonare le note caratteristiche di ogni accordo, quelle essenziali a darne il colore, lasciando poi che le voci implicite si “sentissero” come se fossero suonate. Un po’ come accade in certe polifonie corali, dove le voci che percepiamo sono più del numero dei cantanti. (Qui la trascrizione del suo brano Walk it off)

Lontano dal centro del jazz

È stato un artista che tutti i musicisti conoscono (o dovrebbero conoscere), ma che fuori dall’ambiente non ha mai raggiunto la popolarità che avrebbe meritato. Probabilmente la scelta di vivere tutta la vita in Canada, lontano dai centri della musica internazionale, ha fatto sì che non sia diventato famoso quanto Jim Hall o Joe Pass, per fare due nomi famosissimi, di suoi coetanei, ai quali non era secondo per maestria.

«Penso che sia una forma di timidezza. Ho letto troppe cose negative della vita negli Stati Uniti», ha detto Bickert per spiegare perché non ha mai provato ad affacciarsi su un palco più ampio. In più, come ha raccontato il figlio Jeff, per tutta la vita Ed «ha provato una forma di ansia quando doveva suonare, per produrre qualcosa che avesse un senso per sé, per i musicisti con cui suonava e per il pubblico». (Qui il canale Vimeo di Jeff Bickert, figlio di Ed, un vero scrigno pieno di tesori)

Madeline lo tranquillizzava

Ed Bickert e il contrabbassista Don Thomson sulla cover del loro album in duo, un capolavoro per apprezzare appieno le capacità del chitarrista

La moglie Madeline ha aveva un ruolo fondamentale nell’aiutarlo a tenere a bada l’ansia. Un rapporto intenso e complice il loro, al punto che quando è morta Madeline, nel 2000, Ed ha smesso di suonare, annientato dal dolore, rimasto vedovo del suo appoggio psicologico oltre che dell’amore della vita. «Non suono da 12 anni, e ora non so più neanche se so come prendere lo strumento», ha detto Bickert al Globe & Mail. «L’ho messo via completamente, probabilmente ne ho avuto abbastanza… Mia moglie era morta in quel periodo e io avevo problemi di artrite, e stavo iniziando a bere troppo, una combinazione che mi ha messo a terra. Non ho mai provato a riprendere. Invidio e ammiro chi tiene duro fino alla fine. Ma non era cosa per me». Il leader che non amava i riflettori non suonava per avere successo, suonava perché era la sua vita, e quando qualcosa è morto in lui, si è spenta la musica.

Una vita come la sua musica

La biografia di Ed Bickert è lineare e limpida come le sue linee musicali. È nato il il 29 novembre 1932 a Hochfeld, un villaggio del Canada. Sua mamma suonava il piano e suo papà il violino, il giovane Ed, che ha iniziato a suonare la chitarra a otto anni, spesso si univa a loro nelle esibizioni sul palco dei locali da ballo della zona. La chitarra e la musica diventano parte fondamentale del suo essere. Un pilastro. L’altro pilastro è la famiglia, la moglie Madeline e i figli Jeffrey (Jeff), Timothy e Lindsey. «Quando eravamo bambini», ha raccontato il figlio Jeff, «gli chiedevamo sempre di suonare per noi, ma di suonare la musica che volevamo noi: Bob Seger, i canti di Natale, Batman… cose così. E lui si divertiva tantissimo. Ridevamo tantissimo, aveva un grandissimo senso dello humor e gli piaceva giocare con le parole, fare battute».

«L’uomo che avrei timore di avere nel pubblico»

Paul Desmond Live, con Ed Bickert alla chitarra

Sul lavoro, invece, diventava taciturno, come ha raccontato Desmond. Concentrato. Affidabile. Sorprendente. Un punto di riferimento per tutti i musicisti che passavano da Toronto, la sua città, per registrare o per tenere concerti. Tra questi Paul Desmond. Si racconta che all’inizio degli Anni Settanta, il celebre sassofonista, ingaggiato da un club di Toronto, chiese in giro per trovare i musicisti con cui esibirsi. Il nome di Bickert gli fu fatto da tutti, compreso Jim Hall: «Jim mi ha detto che Ed è l’uomo di cui avrebbe timore, se entrasse nella stanza in cui sta suonando…».

Con Bickert, Desmond ha suonato in una manciata di album, compreso il famoso Pure Desmond. Il sassofonista, celebre per le sue linee melodiche raffinate e orecchiabili anche su armonie complesse o tempi dispari, ha trovato con la chitarra di Bickert un perfetto connubio: «Ci abbiamo messo parecchio, Dio sa quanto, ma sono felice che alla fine ci siamo trovati».

La Telecaster di Ed Bickert

Tensioni risolte

La musica di Bickert, come quella di Desmond, sembra semplice, scorre via tra gli accordi e le melodie senza intoppi, chiunque può apprezzarla, non ha gli spigoli tipici di certo jazz. Le tensioni sonore vengono sempre risolte prima che diano fastidio. Ma se si ascolta con attenzione, si scopre quanto è complessa, quanto le linee melodiche si intrecciano e si amalgamano. Ed aveva un controllo assoluto delle voci, paragonabile solo a quello di un altro chitarrista, Ted Greene, tra l’altro anche lui canadese, e anche lui appassionato di Telecaster, chitarra molto versatile, ma non semplicissima da addomesticare al jazz.

Un genio senza sregolatezza, un padre di famiglia con un talento immenso, Ed Bickert era questo: un leader che non amava i riflettori, ma amava la musica. È morto nel 2019 a 86 anni, per un tumore.

 

Qui Nuages, il classicissimo di Django, suonato da Paul Desmond con Ed Bickert.

 

Qui una versione di Street of Dreams, eseguita in trio nel ’92.