La seconda volta che è nato, Pat Martino aveva 36 anni, e già da venti era un chitarrista tra i più ammirati in circolazione. Quando ha aperto gli occhi, nel primo istante della sua seconda vita, non ha riconosciuto neanche i suoi genitori. Un aneurisma cerebrale dovuto a una malformazione congenita gli era stato quasi fatale, l’operazione per salvargli la vita era riuscita, ma il danno collaterale devastante: un’amnesia molto profonda gli ha resettato la memoria. Tutto quello che conosceva era svanito. Anche la sua straordinaria capacità come musicista pareva persa. Il mondo era da scoprire di nuovo.

A 11 anni ha stupito Les Paul

Con Les Paul nel 1996

Nato come Patrick Azzara a Philadelphia, il 25 agosto 1944, Pat ha sempre “masticato” jazz. Il padre, Mickey, cantava nei locali della città, e portava spesso il figlio ad ascoltare i grandi musicisti che passavano a suonare in zona, compreso Wes Montgomery, un mito per tutti i chitarristi. Les Paul, altro nome che sta nell’Olimpo della chitarra (come musicista e inventore), ricorda bene il suo primo incontro con il piccolo Pat: «L’ho conosciuto quando lui e suo papà sono venuti nel backstage per chiedermi un autografo e un plettro. Quando l’undicenne Pat ha preso in mano la mia chitarra e ha iniziato a suonare, sono rimasto stupito. Sapevo che sarebbe diventato un maestro dello strumento». La previsione di Les Paul si è più che avverata.

Mi sembrava di capire tutto della musica

Pat Martino & The Hurricanes negli anni ’50

Secondo la biografia riportata sul suo sito, Pat Martino ha iniziato a prendere lezioni a 12 anni (dunque ha stupito Les Paul prima ancora di andare da un maestro?!). Ho sempre ammirato mio padre, e ho sempre voluto fare una buona impressione su di lui. Questo mi ha spinto a impegnarmi molto seriamente con le mie capacità creative», ricorda Pat. Tanto seriamente che lascia la scuola per dedicarsi completamente alla musica. Ancora ragazzino, conosce John Coltrane, con il quale si intrattiene a parlare di musica: «Da bambino, mi sembrava di capire tutto della musica», ricorda il chitarrista.

La memoria era compromessa, il talento no

Sulla copertina di Guitar Player nel 1977

Ancora giovanissimo si fa un nome nell’ambiente della musica rock di Philadelphia, e poco dopo anche in quella jazz. A neanche 18 anni è già un mito per i musicisti e gli appassionati, a 20 o poco più la Prestige Records gli fa incidere il suo disco d’esordio come leader (Strings!). Una carriera lanciatissima, un talento abbagliante. Ma nel 1976, mentre era in tour con il suo gruppo fusion (Joyous Lake), sono arrivate le prime convulsioni. La diagnosi è feroce: una malformazione innata del sistema artero-venoso. Seguono anni difficili, fino all’aneurisma cerebrale e all’operazione che resetta tutto nel 1980. La memoria era perduta, ma il talento no.

Il miglior maestro di se stesso

Pat Martino nel 1989

Martino, dopo un primo periodo di scoramento, reimpara a suonare con il miglior maestro che potesse avere: se stesso. Racconta che era in compagnia di un suo amico che stava suonando la chitarra. Pat non toccava lo strumento da tempo, dopo l’operazione non ne voleva sapere. A un certo punto, Pat suggerisce all’amico di sostituire un accordo. L’amico non è dello stesso parere. Ne discutono. È la scintilla che serve al cervello di Martino per rimettere in moto la sua mente musicale. Inizia ad ascoltare i suoi vecchi dischi, le incisioni fatte in passato. Studia la sua musica. E torna grande come prima. Nel 1987 appare in pubblico a New York, una performace che è diventata nel 1989 un disco con un titolo più che appropriato: The Return.

Un altro ritorno

Pat con la moglie Ayako Asahi nel 1996

Dopo quel ritorno, ha un nuovo perido di fermo quando si ammalano i suoi genitori. Torna a registrare nel 1994 dopo la loro morte, e finalmente si gode la sua grandezza come musicista. Continua a crescere, a studiare. Sperimenta con le guitar synth, allarga la sua visione musicale: la chitarra diventa il suo strumento espressivo, ma lo sguardo è più ampio, quasi filosofico: «La chitarra non è così tanto importante per me. Sono importanti le persone che la chitarra mi permette di conoscere. Loro sono vive, la chitarra è solo uno strumento».

La sua tecnica è cristallina, il suo metodo di improvvisazione originale: converte ogni accordo in minore (per esempio un CMaj7 è un Am7, un G7 è un Dm7, un Em7b5 è un Gm6), e poi pesca le linee melodiche dalla libreria dei minori, spesso utilizzando pattern di note che ripete creando poliritmie. Un’idea che ha insegnato e diffuso con i suoi libri e le sue lezioni.

Qui sotto, una performance celebre: il suo unico incontro su un palco con John Scofield, in cui Pat tiene una frase per un minuto interno, mentre il gruppo fa scorrere l’armonia e il ritmo di Sunny! Entrambi a Umbria Jazz nel 2002, i due chitarristi si sono incontrati a cena, ed è nata a tavola l’idea di esibirsi insieme: Scofield ospite del trio di Pat Martino con l’organo di Joey DeFrancesco, formazione che Pat ha sempre amato.

L’ultimo appello

Oggi Pat Martino vive a Philadelphia, ed è di nuovo in difficoltà. La salute ancora una volta gli è ostile, e il sistema sanitario americano lo ha messo in ginocchio. Il chitarrista che è nato due volte, ha bisogno di una spinta per ripartire.

«Il chitarrista jazz di fama internazionale Pat Martino», si legge nella pagina di raccolta fondi lanciata per aiutarlo, «non lavora da novembre 2018 a causa di gravi problemi di salute e la sua capacità di tenersi a galla finanziariamente è stata fortemente influenzata dalle sue attuali disabilità. Questo leggendario artista di Filadelfia ha esaurito i suoi risparmi e non vede altre opzioni davanti a sé, se non quella di rivolgersi alla comunità più ampia per chiedere aiuto. Ha bisogno delle tue donazioni e della tua buona volontà per mantenere intatta la sua famiglia e pagare le spese mediche mentre si concentra sulla salute».
Qui il sito per la raccolta: www.gofundme.com/f/pat-martino-fund