Il batterista americano Bob Moses, definisce “organico” un certo modo di suonare la batteria identificabile ad esempio con lo stile di Elvin Jones.

In questo modo di suonare, i suoni non sono rigidamente organizzati in multipli e sottomultipli, e il ritmo procede libero dalle “griglie” del ritmo “misurato”.

Dunque esistono due diversi stili ritmici:

  1. lo stile misurato 
  2. lo stile organico
Per spiegare meglio questi due modi di interpretare il tempo facciamo un esempio:

per spostarsi da un punto A a un punto B di un certo segmento temporale, lo stile misurato procede per intervalli regolari.

Pensando, ad esempio, i punti A e B come battere del primo movimento di due misure successive di 4/4, lo stile misurato procede attraverso 4 note da 1/4, 8 note da 1/8, 16 note da 1/16 ecc.

Nello stile organico, invece, quello che viene suonato fra i punti A e B, non è identificabile con precisi sottomultipli dell’intero.
 
Suonare in modo organico su una struttura definita richiede una forte percezione dei riferimenti strutturali, che può essere acquisita solo attraverso una lunga pratica sul ritmo misurato.
 

È importante precisare però che fra i due modi di suonare l’unico realmente possibile per l’essere umano è quello organico.

La perfezione, nella suddivisione di un segmento temporale, è realizzabile solamente da un dispositivo meccanico o elettronico.

Il musicista aspira a questa precisione, ma quella frazione di secondo di ritardo o di anticipo è inevitabile ed è di fatto l’elemento umano che ci fa apprezzare la musica.

Ma il vero punto della questione e che:

un musicista, anche se suona nello stile misurato è sempre “organico”!
 

Mentre un dispositivo elettronico può produrre degli impulsi ritmici attivandosi e disattivandosi a intervalli intermittenti, il musicista invece durante l’esecuzione di un ritmo rimane sempre in attività.

Infatti, indipendentemente dallo strumento che suoni e dalla tecnica che utilizzi, è sempre un movimento che ti porta a produrre un suono.
 
Per tornare al nostro esempio:
 
é un movimento che ti ha portato ad eseguire A e sarà un movimento che ti condurrà fino a B.
 

Qualsiasi esecuzione implica movimento e il movimento di un essere vivente è organico per sua stessa natura.

 
 

Se vuoi sviluppare davvero le tue abilità ritmiche sono 2 i principali ambiti di studio da affrontare:

1) il solfeggio ritmicoper sviluppare il senso “misurato” del ritmo, creando una precisa “mappatura” degli eventi ritmici e delle loro relazioni matematiche, all’interno dei più svariati contesti ritmici (tempi, strutture)
In questo ambito di studio l’obbiettivo è localizzare con sicurezza i vari punti A e B che rappresentano i punti cardine del ritmo.  

2) Il lavoro sulla qualità del movimento, per migliorare la componente organica del ritmo.
Qui, invece, l’obbiettivo è sviluppare la fluidità e plasticità dei tuoi gesti esecutivi che collegano i vari punti A e B che rappresentano i punti cardine del ritmo.
E’ proprio la qualità di quel movimento a determinare la precisione e l’espressività del ritmo.

https://teachers.saschina.org

 

Madame Chaloff la leggendaria maestra di piano di Boston, che ebbe fra i suoi allievi  Keith Jarrett, Herbie Hancock, George Shearing, Kenny Werner, Steve Kuhn, e molti altri, insegnava i segreti del tocco attraverso l’uso del respiro e suggeriva ai suoi allievi di ispirarsi alla leggerezza del volo degli uccelli.
 
 

Così racconta il suo allievo Kit Walker: “La tecnica che insegnava faceva pensare a una sorta di kung fu in miniatura per il piano”.

Voglio ora suggerirti un esercizio, per aiutarti a capire nella pratica, come mettere in relazione fra loro questi due aspetti del ritmo. 

Ho chiamato questo esercizio “poliritmo organico” o terzo tipo di poliritmo, per differenziarlo dagli altri due tipi di poliritmi presentati in un precedente articolo.

Esercizio

Il poliritmo “organico”


Metti una musica che ti piace e ascoltando conta ad alta voce i beat di ogni battuta. 
Ad esempio:

1 2 3 4 

Quando sei “entrato” in sincronia col tempo, pronuncia ad alta voce solo il beat 1, “pronunciando” mentalmente i beat 2, 3 e 4.

Ora, continuando a contare in questo modo, prova a fa ruotare un braccio, descrivendo un cerchio immaginario con la punta delle dita, cercando di far coincidere il beat 1 sempre con uno stesso punto della circonferenza.

Adesso, continuando a contare, prova a cambiare la velocità del movimento rotatorio, in modo che il beat 1 cada ogni volta su un punto diverso della circonferenza.

Se mantieni una velocità costante, dopo un certo numero di cicli, il poliritmo che si crea fra le misure musicali e le rotazioni del tuo braccio, tornerà in “fase”. 

Diversamente, se acceleri o rallenti, fra le misure musicali e il movimento del braccio, si creerà un poliritmo irregolare e i due ritmi non torneranno mai in fase fra loro.

L’obbiettivo di questo esercizio è di sviluppare la consapevolezza della relazione fra tempo e movimento, una relazione sempre presente in qualunque gesto esecutivo sul tuo strumento. 

D’ora in poi quando suoni, pensaci!

Stay in tune!

Manuel Consigli